< So dov'è andato. > disse Arkha con sicurezza. < Seguimi, Gyrah. >
Scese al piano di sotto dov'era la stanza del Nonno. Si guardò un po' intorno e socchiuse gli occhi come per cercare qualcosa di invisibile.
< Non ricordo.. Dov'era?.. > disse fra sé e sé Arkha, un po' scocciata. Si accorse poi che la libreria era di poco staccata dal muro.
< Deve essere lì. >
Andò verso di essa e cominciò a spostarla, nella direzione opposta al muro. Quando lo spazio fu abbastanza ampio si poteva scorgere la sagoma di una porta alta circa un metro, ma in realtà era solamente un'apertura nella parete senza una serratura e una chiave in grado di chiuderla o aprirla. L'unico modo per farlo era spingerla. Arkha diede un brusco calcio al muro e la "porta" si aprì, lasciando intravedere una buia galleria. La sorella maggiore si abbassò più che poteva per poter entrare e incitò la sorella a fare lo stesso. Si avviò attraverso lo scuro corridoio. Si sentiva puzzo di muffa e le pareti erano umide; era odioso entrare lì dentro. Arkha c'era già stata, quindi sapeva cosa significava. Quando ritrovò il muro davanti a sé diede un altro brusco calcio. All'improvviso la galleria fu illuminata dalla luce della stanza a cui portava. Un ghigno malizioso si mostrò sul volto di Arkha, si stava decisamente vantando per aver scoperto dov'era il Nonno. E infatti lui era lì, seduto a gambe incrociate sul tappeto, girato verso di loro. Le stava aspettando. Arkha non si mostrò per niente sorpresa. Ora fissava ogni centimetro quadrato di quella magnifica stanza. Il pavimento in legno scuro perfettamente lucido, l'arredamento scarso, nessuna sedia, solo un enorme tappeto verde scuro al centro. Ma la cosa che più la affascinava era la vastità delle armi appese sulle pareti, la maggior parte di esse erano katana. Il suo sguardo ora era concentrato su una in particolare, quella maggiormente esposta, doveva essere la più rara di tutte. Sulla lama erano incisi kanji che lei non riusciva a tradurre. L'impugnatura era ricoperta da un tessuto verde chiaro decorato con disegni di un verde ancora più chiaro, che somigliavano a rami e fiori di un albero di ciliegio. Il Nonno si alzò ridacchiando.
< Cos'hai da ridere, vecchio? > protestò Arkha, perché il suo momento di pace era stato rovinato da quella risatina.
< Sapevo che conoscevi già questo posto, e mi andava bene così. Se no come credi che saresti mai riuscita ad arrivare fin qui? > il Nonno ridacchiò ancora. Questa volta Arkha non disse niente. Continuava a fissare quella magnifica katana. Il Nonno se ne accorse e si girò a guardarla.
< Quando la giustizia si riempie d'odio e di rancore, diventa vendetta. > disse all'improvviso il Nonno.
< Cosa? > Arkha non capiva cosa c'entrasse in quel momento.
< C'è scritto questo, sulla katana. Volevi saperlo. O sbaglio? >
< S-Sì.. Volevo saperlo. >
Il Nonno prese delicatamente con entrambe le mani la katana, poi si girò e fece cenno ad Arkha di avvicinarsi.
< D'ora in poi è tua. Ti servirà per il tuo viaggio. E' una katana molto speciale. Non abusarne mai, usala con riguardo. >
Arkha era sbalordita e fissava la katana come se avesse visto un Dio.
< G-Grazie. > prese il suo fodero e ce la infilò. Era decorato così come l'impugnatura.
Il Nonno poi guardò Gyrah.
< Naturalmente ho qualcosa anche per te. Vieni con me. >
AHAHAHAH HO SCRITTO UN POEMA x'D